Serie A: tornano al comando Roma e Napoli

Il week end di Serie A è appena terminato e già ci si proietta al turno infrasettimanale, che partirà domani. Il tempo per le riflessioni e per le analisi sull’ottava giornata di campionato è, dunque, circoscritto ad oggi.

Partiamo dalla prima considerazione: la Serie A non ha ancora un padrone. Avevo sottolineato nell’editoriale di sabato che l’Inter avrebbe avuto, al Maradona contro un Napoli che appariva in crisi, la  grande possibilità non solo di prendersi la vetta della classifica ma anche di mandare un segnale forte al Campionato, ponendo le basi per una prossima fuga.

Il big match dell’ottava giornata, invece, se l’è portato a casa il Napoli, dimostrando che la strigliata di Conte post Champions è servita e ridisegnando nuovi equilibri e nuove gerarchie: l’Inter di Chivu ne esce sconfitta e innervosita, come dimostra abbondantemente la reazione di Lautaro nei confronti della panchina napoletana, e soprattutto del suo ex tecnico Conte, nella ripresa.

Ad innervosire i nerazzurri ci ha pensato anche l’arbitro Mariani, tratto in errore dall’assistenza Bindoni in occasione del rigore concesso al Napoli che ha portato al vantaggio partenopeo, nel primo tempo. Nell’occasione è mancato anche l’intervento del Var Marini, che avrebbe potuto (e dovuto) suggerire al suo quasi omonimo Mariani di rivedere tutto, con calma, al monitor.

Il rigore per il Napoli non c’era, ma il Napoli ha comunque meritato la vittoria, legittimandola con una ripresa autorevole, da grande squadra. Ma resta vivo e sempre attuale il problema del “protocollo Var”: quando  può intervenire e quando, invece, non deve farlo.

Nel posticipo di domenica sera, che ha sancito il crollo della Juventus di Tudor, è mancato un rigore nettissimo ai bianconeri. Step on foot di Gila su Conceicao: il bello (si fa per dire) è che, subito dopo il contatto, il difensore della lazio, capendo di averla fatta grossa, si è messo le mani nei capelli, sia pur per un istante. Tutto molto confuso e veloce (dinamica del fallo e reazione che sa di autoaccusa del difensore) in campo, quanto facilmente leggibile in sala Var, dove però né Abisso né Sozza hanno ritenuto di dover intervenire.

La credibilità del nostro calcio, in epoca Var, passa dal superamento di queste “zone d’ombra”: che si trovi un protocollo unico, che sia condiviso e non lasci spazio a fraintendimenti.

Tornando al campo, sembrava in crisi anche la Roma di Gasperini, reduce da due sconfitte consecutive (per giunta in casa) tra campionato e Coppa, invece a Reggio Emilia, contro il Sassuolo, i giallorossi hanno ritrovato la vittoria e la vetta della classifica: a decidere il match, incantando con le sue giocate, ci ha pensato Paulo Dybala, che quando sta in forma è di gran lunga il giocatore più forte della Serie A. Erano  tanti i  dubbi sulla sua adattabilità (e funzionalità) nel calcio  di Gasperini, ma il campo, giudice supremo, sta dimostrando che anche sotto la guida del Gasp (già  avuto a inizio  carriera, a Palermo, ma era una vita fa) il talento argentino è sempre quello che, come diceva Mourinho, “accende la luce”.

Nella ripresa la Roma ha legittimato il vantaggio, pur mancandole, ancora una volta, il killer instinct per chiudere definitivamente la gara. I 3 punti sono arrivati ugualmente perché la difesa giallorossa si è confermata, di gran lunga, la più solida del Campionato: solo 3 gol subiti, quarta vittoria per 1 a 0 e quinta gara chiusa con clean sheet su otto gare giocate.

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