Salutequità, urgente un nuovo Piano Sanitario Nazionale per ridurre le disuguaglianze

ROMA (ITALPRESS) – L’Italia è di fronte a una sfida cruciale per il futuro del Servizio sanitario nazionale (SSN). Con un Piano Sanitario Nazionale fermo al 2006-2008 e una proroga del Patto per la Salute 2019-2021 che non affronta i problemi epidemiologico-demografici e quelli del post-pandemia, al SSN serve una visione strategica aggiornata per affrontare disuguaglianze territoriali, sociali e di accesso alle cure. Nel 2024, circa una persona su dieci (9,9%) ha rinunciato a visite o esami specialistici a causa di lunghe liste d’attesa (6,8%) e difficoltà economiche (5,3%), un fenomeno in crescita rispetto al 2023 (7,5%) e al periodo pre-pandemico (6,3% nel 2019). Tra atti di programmazione sanitaria nazionale “settoriali”, in attesa di approvazione e in proroga, Piani Sanitari regionali in ordine sparso, più o meno aggiornati, serve una cornice programmatoria nazionale unitaria che faccia sintesi, metta ordine e tracci la rotta del SSN per i prossimi anni indicando anche la strada per ridurre le disuguaglianze. Stando all’Osservatorio attivato da Salutequità esistono esperienze regionali e locali che si rivelano – in diversi ambiti – anticipatrici di risposte a bisogni diffusi in tutto il Paese e che rappresentano “incubatori di innovazione” interessanti.

Un quadro articolato e complesso su cui il Report presentato al 3° Summit di Salutequità -integra quelli presentati e discussi in occasione delle edizioni precedenti: Le dieci leve per l’equità; Le leve per la sostenibilità – fa il punto sulla programmazione sanitaria nazionale e regionale. “Il nostro report evidenzia evidenzia un quadro complesso e frammentato della programmazione sanitaria in Italia – commenta Tonino Aceti, Presidente di Salutequità – caratterizzato da disuguaglianze territoriali, sociali ed economiche che compromettono l’equità e la tempestività nell’accesso ai servizi sanitari. La mancanza di un nuovo Piano Sanitario Nazionale, l’ultimo risale a venti anni fa e cioè al 2006-2008 nonostante sia un adempimento previsto dalla Legge, insieme alla disomogeneità dei Piani sanitari regionali dimostrano una carenza di visione strategica, unitaria e di coordinamento tra livelli istituzionali di governo del SSN. Della necessità di varare un nuovo Piano Sanitario Nazionale se ne parla ormai da anni – ha continuato Aceti – tanto che è menzionata come una delle azioni strategiche da attuare anche negli ultimi due Atti di Indirizzo del Ministro della Salute, quelli relativi agli anni 2024 e 2025″.

“Ad oggi però nessun testo è stato ancora pubblicato ne trasmesso alla Conferenza delle Regioni. Ma scrivere un testo non basta – aggiunge -. Chi sarà ad approvarlo e con quali tempistiche? Il Parlamento o il Governo insieme alle Regioni? Verrà garantita una partecipazione di tutti gli stakeholder, a partire dalle Associazioni di pazienti e cittadini? Sarà agganciato a risorse specifiche e vincolate per la sua attuazione e ad un crono-programma chiaro? Sarà oggetto di uno stringente monitoraggio? Sarà un Piano sociale e sanitario o ancora una volta solo sanitario? Sarà strumento per la manutenzione ordinaria o per attuare un approccio trasformativo del SSN? Investire nel 2026 oltre 142 miliardi di euro senza una vision chiara e lungimirante del SSN e una vera e leale collaborazione istituzionale Stato-Regioni sarebbe un’opportunità persa per ammodernare e rafforzare il nostro Servizio Sanitario Pubblico. Fermo al periodo pre-pandemico anche l’altro strumento di pianificazione e cioè il Patto per Salute 2029-2021, in proroga per Legge ormai da diversi anni”, ha quindi concluso Aceti.

La ricognizione sui Piani Sanitari delle Regioni e Province Autonome di Salutequità mostra che: 10 Regioni hanno un piano sanitario integrato sociosanitario; 16 Regioni hanno un Piano Sanitario o Sociosanitario approvato prima della pandemia; 4 Regioni sono al lavoro per l’aggiornamento: Basilicata e Piemonte sono impegnate nell’iter approvativo del loro nuovo piano regionale. L’Umbria sta lavorando all’aggiornamento del proprio piano sanitario regionale. L’Emilia-Romagna ha attivato un percorso partecipativo per la redazione del nuovo piano sociale e sanitario regionale; Abruzzo e Puglia hanno lavorato a programmi operativi regionali (POR) 2025-2027; Calabria e Molise rispettivamente a quelli del 2022-2025 e 2023-2025; il Molise sta lavorando al nuovo POR 2025-2027 (in consultazione pubblica); il Friuli-Venezia Giulia è l’unica Regione che provvede, per adempiere ad una sua norma regionale, ad un aggiornamento annuale della pianificazione sociosanitaria con legge Regionale; la PA di Trento si distingue per aver realizzato una pianificazione di più ampio respiro con durata decennale; per la costruzione e realizzazione del Piano per la salute del Trentino ha attivato un processo partecipato; il Piano include indicatori di esito (legati ai 5 macro-obiettivi) per il monitoraggio e la rendicontazione pubblica dell’andamento del Piano.

Il Piano Sanitario Nazionale, adempimento previsto dalla legge, è fermo al 2006-2008. Il Patto per la Salute 2019-2021 è in proroga per legge “sine die”. In attesa in Conferenza Stato-Regioni il nuovo Piano Nazionale di Governo Liste d’Attesa 2025-2027, il nuovo Piano pandemico 2025-2029, la proposta di proroga del Piano nazionale vaccini 2023-2025 e il Piano nazionale salute mentale 2025-2030. Richiesta dal Ministero della salute la proroga del Piano Nazionale Prevenzione 2020-2025, ma non è stata accolta dalle Regioni che invece hanno chiesto e trovato intesa per avviare dei tavoli di lavoro per la stesura del nuovo piano prima della sua scadenza. Proroga accordata dalla Regioni per il Piano Piano Nazionale contrasto Antibiotico resistenza 2022-2025 fino al 31 dicembre 2026. Dal 2023 ad oggi aggiornati il nuovo Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 e il Piano Nazionale Malattie a distanza di 7 anni dai precedenti e il Piano Nazionale Cronicità dopo 9 anni sebbene con osservazioni e rilievi da parte della Conferenza delle Regioni su finanziamenti, trasparenza nell’inclusione/esclusione delle patologie (es. psoriasi), etc.

L’Italia è sempre più longeva (i centenari sono aumentati del 30% negli ultimi 10 anni), multiculturale (una persona residente su 10 è straniera), ma con nuclei familiari sempre meno numerosi (fra poco meno di 20 anni -nel 2043- 10,7 milioni di persone vivranno sole e 6,2 milioni saranno anziani) e con più di una persona su 5 a rischio di povertà o esclusione sociale (prevalentemente al sud). Ancora poco digitale: nel 2023 l’Italia è al ventiduesimo posto della graduatoria EU 27, con una distanza di 20 punti percentuali dalla Spagna (66,2%) e di 14 punti percentuali dalla Francia (59,7%). È il quinto Paese al mondo per aspettativa di vita alla nascita (83,5 anni), ma gli anni attesi di vita in buone condizioni di salute sono solo 58,1, in calo rispetto al 2023. Le disuguaglianze territoriali sono evidenti: l’aspettativa di vita varia di circa tre anni tra le regioni più longeve (PA Trento, 84,7 anni) e quelle meno longeve (Campania, 81,7 anni). Mortalità più elevata nel Mezzogiorno, soprattutto per cause cardiovascolari e diabete. Nel 2021 i tassi di mortalità evitabile (prevenibile e trattabile) sono sopra la media nazionale in Campania, seguita da Molise, Sicilia, Puglia e Lazio.

Le principali cause di morte sono le malattie del sistema circolatorio e i tumori. La salute del cervello rappresenta una priorità crescente: 7 milioni di persone affette da emicrania, 12 milioni con disturbi del sonno, 1,2 milioni con demenza, 800.000 con esiti di ictus e 400.000 con Parkinson e un quinto della popolazione con disturbi psichici (es. ansia, depressione). Diverse patologie non hanno riconoscimenti in atti di programmazione nazionale (es. psoriasi, cefalea, cardiomiopatie, etc.) o nei LEA con disuguaglianze in termini di tutele sanitarie e sociali alle quali il Parlamento prova a dare risposte con proposte di legge. La spesa sanitaria out of pocket sostenuta dalle famiglie è aumentata di circa 9 miliardi di euro tra il 2012 e il 2024, raggiungendo 41.299 miliardi di euro. Nel 2024, il 5% delle famiglie ha avuto problemi nel raggiungere tre o più servizi essenziali, compresi quelli sanitari, con differenze territoriali significative: dal 2,6% nella PA di Bolzano all’8,9% in Campania. Otto Regioni non garantiscono i Livelli Essenziali di Assistenza, in particolare nell’area dell’assistenza distrettuale e nella prevenzione, aumentando le disuguaglianze nell’accesso ai servizi.

Un esempio è l’ambito oncologico: le reti cliniche migliorano nel complesso, ma Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna ancora non riescono a soddisfare la domanda interna dei pazienti e presentano mobilità sanitaria. Sette regioni ancora non hanno integrato la rete con l’attività territoriale (Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Marche, PA Bolzano, Puglia, Sicilia, Umbria) e per questo Agenas ha elaborato le “Linee di indirizzo sull’integrazione ospedale-territorio in oncologia” trasmesse in Conferenza delle Regioni nel 2024 e ancora in stand-by. Per gli screening oncologici organizzati nel 2024, 17,9 milioni di persone sono state invitate a sottoporsi agli esami, ma solo 7,3 milioni hanno aderito. I valori più bassi sono per il cancro del colon retto, unico rivolto sia alla popolazione maschile che femminile: la copertura è nettamente inferiore al valore raccomandato del 50%, attestandosi al 33,3%, con un gradiente Nord-Sud molto accentuato.

Siamo ai primi posti dell’Unione per tasso nazionale di donazione: 30,2 donatori per milione di persone (pmp), anche se con differenze marcate nord sud: Toscana (49,4 donatori pmp), Emilia-Romagna (45,5) e Veneto (44,7) sono le più “generose” contrariamente a Molise 3,4; Basilicata 16,7; Campania 21,2. Migliora anche la raccolta di plasma che ha superato le 900 tonnellate, ma la domanda di immunoglobuline polivalenti è del +57% negli ultimi 10 anni e il livello di autosufficienza che abbiamo raggiunto è del 59%.

– foto tabella Salutequità –

(ITALPRESS).

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